La Corte dei conti non segue le Finanze e nega l'Iva sulla Tia
di Giuseppe Debenedetto
Il dipartimento delle Finanze ha stabilito che la Tia è una tariffa e "richiede" l'Iva, ma la Corte dei conti va in senso opposto; lo fa la sezione del Piemonte, che nel parere 65/2010 afferma che la Tia è un'entrata tributaria, quindi senza Iva. La Corte ha preso atto che Consulta e Cassazione hanno riconosciuto che la Tia del decreto Ronchi è un tributo, evidenziando che la giurisprudenza ha ravvisato i criteri di riferimento per qualificare il prelievo, tra cui la doverosità della prestazione, la mancanza di rapporto sinallagmatico tra le parti, il collegamento della prestazione alla pubblica spesa su un presupposto economicamente rilevante. Non rileva invece la disposizione introdotta dal dl 78/2010, riguardante la Tia prevista dal Codice dell'ambiente (Tia2) e non la Tia "Ronchi" (Tia 1), cioè quella oggi in vigore in oltre 1.200 comuni.
La Corte piemontese si sofferma poi sulle conseguenze operative. In primo luogo, la Tia deve essere determinata dal comune e non dal gestore; è poi necessario che la tariffa venga iscritta nel bilancio al Titolo I (entrate tributarie).
Sulle regole da applicare per accertamento e riscossione, la Corte osserva che le lacune della normativa primaria possono essere colmate con il regolamento comunale. È peraltro possibile applicare diverse leggi vigenti, tra cui il "mini testo unico" sui tributi locali di cui alla finanziaria 2007. Sulle sanzioni, il principio di legalità impone invece l'esistenza di una norma primaria, attualmente mancante per la Tia, per cui è applicabile la sanzione del 30% prevista dal Dlgs 471/97 in caso di omesso o ritardato versamento, e la sanzione da 25 a 500 euro (articolo 7-bis del Tuel) per tutte le altre violazioni alle disposizioni comunali. I comuni devono ora seguire la Corte o l'Economia? Tra le due conclusioni la prima è senz'altro più conforme al diritto vivente.
26 novembre 2010 - IlSole24ore
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