Carissimi amiche e amici,
mentre vi scrivo il primo governo Renzi sta chiedendo la fiducia al Senato. E’ il compimento di un percorso molto rapido che ha portato all'avvicendamento del governo Letta.
Un passaggio che ha suscitato interrogativi tra gli iscritti e simpatizzanti del Partito Democratico.
Più di tutto hanno fatto discutere le modalità che hanno portato Matteo a Palazzo Chigi.
Conosco Matteo e so che lui per primo avrebbe voluto andare al governo con la legittimazione del voto popolare. La sanzione delle urne gli avrebbe permesso di esprimere tutto il suo potenziale innovatore.
Così sarebbe stato, se avessimo avuto un sistema elettorale che funziona e genera maggioranze parlamentari chiare e stabili.
Invece, oggi ci ritroviamo una legge elettorale puramente proporzionale, che ci avrebbe consegnato un Parlamento con rapporti di forza incerti come quelli delle Camere attuali. Insomma, di nuovo l'ingovernabilità e il Paese abbandonato a se stesso.
Siamo in una situazione che non consente il perpetuarsi di tattiche di basso profilo, ricatti o posizionamenti logoranti.
Ora è tempo di agire. E chi ha una responsabilità politica non può mettersi ad aspettare che tutto imploda o si sfasci, per poi sedere da vincitore sulle macerie del Paese.
Renzi e il Partito democratico non hanno voluto scegliere questa strada.
Abbiamo iniziato il nostro percorso dando un segnale di grande innovazione, uno stimolo a tutta la macchina del partito. Abbiamo spronato il governo a fare di più e meglio.
Come molti avevano temuto, però, i nostri sforzi si stavano impantanando nei palazzi romani. Si era creata una situazione per certi aspetti paradossale: da una parte sostenevamo un esecutivo di servizio non più credibile per larga parte delle forze sociali, dall'altra cercavamo in tutti i modi di sollecitare lo stesso esecutivo ad agire senza tentennamenti.
E’ stata questa contraddizione a scrivere la parola fine sull’esperienza dell’esecutivo Letta che pure, in una prima fase, aveva anche ottenuto alcuni risultati.
Erano settimane che il Nuovo Centro Destra, Scelta Civica e alcune aree del PD chiedevano a Renzi di condividere la responsabilità del governo indicando alcuni ministri da inserire passando per un rimpasto. Ma l’obiettivo che le primarie avevano consegnato al nuovo segretario era quello di migliorare radicalmente l’azione del governo e non solo cambiare un paio di ministri.
Renzi ha rischiato, forse anche azzardando, ma si è riappropriato del proprio destino.
Ha scelto di attingere a solide e sperimentate risorse del Paese, come Pier Carlo Padoan, Federica Guidi e Giuliano Poletti, e di impegnare le primissime linee dei partiti che sosterranno il nuovo governo.
Ha dichiarato con chiarezza che i paletti programmatici, quelli di “una riforma al mese”, sono una prospettiva necessaria. E' chiaro che se non sarà possibile governare, fare riforme e dare risposte, sarà il primo a trarne le debite conclusioni.
La cronaca di questi giorni nella mia Regione ha sottolineato una delle urgenze più gravi che il Governo si troverà ad affrontare: la gestione del territorio e la prevenzione del dissesto idrogeologico. Sono stati giorni difficili per il Friuli Venezia Giulia colpito duramente dal maltempo.
Il sistema della protezione civile, con il coinvolgimento di oltre 5000 volontari, ha confermato la sua efficacia ma non possiamo continuare a vivere nella sola emergenza. Durante le visite nelle zone colpite, per incontrare gli amministratori locali e per ringraziare tutti coloro che sono intervenuti per affrontare l'emergenza, ho sottolineato la necessità che l’azione della Regione si sposti con la stessa efficacia anche sulla prevenzione.
A tale proposito, per la prima volta nel nostro bilancio è stato inserito un capitolo che prevede fondi per la prevenzione e per il dissesto idrogeologico. Vogliamo limitare i rischi per la popolazione e per il territorio e, nel contempo, ridurre i costi che gli interventi per le emergenze pongono a carico della nostra comunità. Ma ora occorre anche un preciso impegno del Governo, da sollecitare anche attraverso la Conferenza delle Regioni, affinché questi interventi e un Piano di gestione del territorio siano posti al di fuori del Patto di stabilità.
Oggi abbiamo ospitato, prima a Trieste e poi a Pordenone, la commissione lavoro della Camera dei deputati per presentare alla loro attenzione le principali crisi occupazionali del nostro territorio e chiedere il loro impegno diretto da affiancare a quello già messo in campo dalla Regione.
L’11 febbraio scorso sono andata a incontrare i lavoratori che presidiano lo stabilimento Electrolux di Porcia per dirgli di persona che senza di loro non saremmo mai arrivati ad ottenere i risultati di queste settimane, sfociati nel nuovo piano industriale proposto dall’azienda il 17 febbraio scorso. Noi lo consideriamo solo l’inizio della trattativa, un punto di partenza da cui proseguire per sviluppare l’oggetto vero della discussione: la qualità dell’investimento strategico nello sviluppo dello stabilimento. Questo sarebbe un piano industriale propriamente detto, altrimenti continuiamo a parlare di esuberi e di riduzione del potenziale produttivo, che non ci interessano. La nostra Regione è pronta a mantenere gli impegni presi ma questo non può valere a senso unico.
Un caro saluto, Debora Serracchiani
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