mercoledì 13 maggio 2015

il partito che vorrei...

Tra qualche giorno si voterà in una manciata di Regioni e l'aria che tira continua ad essere più o meno la stessa di un anno fa. Se i risultati ricalcheranno quelli delle Provincie Autonome di Trento e di Bolzano, assisteremo alla conferma che ancora il Paese non è cambiato; una Italia che soffre di astensionismo, che conferma la tenuta del Governo ma che mostra insofferenza e intolleranza verso politici, stranieri, lobby e "diversi".

Non è cambiata la sfiducia verso la classe dirigente e verso i politici, non è mutato il senso di insicurezza dato dalla crisi economica e sociale generalizzata, non sono migliorati nel complesso gli indicatori sociali ed economici, non si sono armonizzate le azioni delle varie componenti di un Paese che ha molto bisogno di tornare sulla buona strada dello sviluppo. 

E tutte queste sensazioni, non lo possiamo negare, nascono anche nel piccolo delle nostre comunità locali sempre più disomogenee, dei nostri paesi che perdono identità, nell'associazionismo sempre più in difficoltà, nel tessuto economico che si confronta con una rete globale sempre più complessa e spietata.

Ogniqualvolta qualcuno -e stavolta è il caso di Renzi- accelera per imprimere un moto a questo nostro Paese bloccato dai superburocrati e dalla criminalità (due mondi che spesso di ritrovano in comunione di interessi), provoca strappi e sollevazioni di categorie: i sindacati, gli insegnanti, i taxisti, i pensionati, i ferrotramvieri... 

Tutti apparteniamo ad almeno una categoria sociale e siamo molto gelosi dei nostri diritti (e spesso sprezzanti e cinici nei confronti di quelli altrui).

A distanza di più di 90 anni, abbiamo ancora paura che un uomo possa affacciarsi al
balcone e decidere indisturbato le sorti dell'Italia?
Oppure abbiamo il timore che tutte le 60 milioni di idee e singole visioni della vita non vengano ascoltate e rispettate?
... e perché tralasciare il Grande Complotto, che governa tutte le decisioni della politica, e dell'economia, affondando i suoi tentacoli in tutti gli aspetti della società civile?

Nel nostro piccolo Circolo del Partito Democratico, anche noi ci sentiamo specchio dell'Italia, con i dubbi sulle strategie spesso autolesioniste del nostro Partito, le idee differenti sul futuro del nostro Paese, la fiducia o la sfiducia in questo o quel politico di riferimento. 

In un grande partito, che raccoglie negli ultimi tempi i consensi del 30-40% degli italiani, ci deve essere necessariamente sia il tempo del confronto -anche acceso- che il tempo della sintesi e della conseguente azione.

La stereotipata immagine televisiva dell'uomo solo al comando (Renzi?) non può ingannare il cittadino attento. Sappiamo benissimo che non siamo in una dittatura (anche se molti da destra -a parole, perchè mai la subirono- la rimpiangono) ma solamente in un momento in cui è pressoché impossibile passare mesi e mesi in un tiramolla continuo su qualsiasi riforma, in una contrattazione sterile muro-contro-muro.

Il decisionismo non è dittatura, ma presa in carico di una responsabilità. 

Usciamo da 20 anni di decisionismo berlusconiano... non dovremmo certo spaventarci per 3 anni di Renzismo. Alle prossime elezioni potremo dire (o non dire) la nostra in quanto cittadini, e con la nuova legge (tanto odiata da tutti) potremmo trovarci -oggi come oggi- a scegliere al ballottaggio tra Grillo e Renzi.

E questa vi sembra dittatura?


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